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Sito del Comune di Comune di Venafro

Il Fiume San Bartolomeo

“Alle falde del Monte Santa Croce, e propriamente a piè della Città in una linea leggermente curva per la lunghezza di circa 100 metri, scaturiscono vari fonti di limpide e fresche acque di cui la maggior parte raccoltasi in tre grandi vasche costrutte per dar la spinta a tre mulini, discende a formare il grazioso fiume di S. Bartolomeo”: così scriveva delle sorgenti del San Bartolomeo (l’antico Durone) Francesco Lucenteforte, nella sua “Monografia di Venafro”, nel lontano 1877.
Le due scaturigini estreme delle sorgenti formano ad oriente la cosidetta “Fontana Nuova”, ad occidente la “Fontana della Grotta”, le cui acque possiedono qualità organolettiche eccellenti. Appena a valle delle sorgenti sono individuabili i resti di due mulini, l’uno situato all’estremo lato sud della “pescara” grande (il laghetto) e l’altro più a valle dopo il lavatoio, a lato della “pescara” piccola; entrambi erano mulini a “palmento”, cioè con macinazione compiuta da due mole monolitiche contrapposte, di cui una mobile. Uno dei mulini venne adattato agli inizi di questo secolo a centralina idroelettrica, utilizzata per i fabbisogni del paese fino alla Seconda Guerra Mondiale.
Affacciato sul laghetto vi è il grazioso palazzo Liberty che all’interno ha conservato, al piano terra, un portale cinquecentesco realizzato al tempo di Enrico Pandone. Altro luogo caratteristico è la fontana de “le quattro cannelle”, vicinissima alla “pescara” grande, punto di ritrovo della Venafro di un tempo.
Il complesso sistema di vasche e canali delle sorgenti di Venafro deriva da “un solo acquedotto, e ciò per opera dei Romani. I quali… fecero un’opera di allacciamento completa, rimontando le sorgenti con un lavoro sotterraneo meraviglioso, e coadiuvandosi in tale opera con mezzi pozzi di servizio…” (Le Acque di Venafro – Pietro Lucenteforte, 1920).
Dopo aver raccolto le sue acque nell’alveo, il San Bartolomeo andava a bagnare, fino a qualche decennio fa, “ubertosissimi ortaggi”, per andare a raggiungere poi, dopo 11 chilometri, il fiume Volturno, poco oltre Sesto Campano. Le sue acque erano limpidissime e ricche di trote, barbi, epinochi (spinaruoli), rivelle e gamberi di fiume. Il meraviglioso patrimonio di vita e di cultura rappresentato da questo fiume attorno al quale si imperniavano le attività di un’intera città, sono oggi quasi del tutto compromesse, soprattutto a causa dell’urbanizzazione che ha soppiantato i fiorenti e famosi orti di Venafro.

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